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Eco+Queer






Alla fine il podcast si chiama in modo molto poco originale: Speculum | Podcast. Abbiamo deciso di non moltiplicare nomi ed enti oltre il necessario perché è inutile fare con più ciò che si può fare con meno - quantomeno, così diceva Occam.  Ma cosa molto importante: potete trovarci da oggi su Spotify e su Spreaker.





In questo episodio si parlerà di: Ecologia Queer, Maschiocene, Ecofemminismo. Tre nozioni che vengono affrontate nella nuova edizione di Earthbound, un’antologia di saggi in traduzione pubblicata da Kabul Magazine.I testi menzionati in questo episodio e contenuti nel volume sono:

  1. Ecologia Queer, Timothy Morton
  2. Benvenuti nel Maschiocene, Giovanna Di Chiro
  3. Verso un ecofemminismo queer, Greta Gaard 




* Un ringraziamento speciale va a Giuseppe Cordaro per averci permesso l’uso della traccia d’accompagnamento al podcast e a Silvia Ammendola per la lettura dei testi.


Natura Contronatura



In che modo l’ecologia e la teoria queer possono incontrarsi? E quali immaginari è capace di generare il loro con-divenire? Timothy Morton ci porta a spasso per la maglia, un’ontologia relazionale, dell’interdipendenza, che preferisce la frammentazione delle parti all’organicismo del tutto. La relazionalità diventa l’unica possibile modalità dell’essere, l’incontro con la materia è un incontro d’amore.

Al contrario, la natura è spesso stata ritratta come un regno intriso di normatività. Ciò che è naturale è normativo. Il resto è contronatura. Questa interpretazione della natura, come ci spiega Morton, è il prodotto di uno sguardo ben preciso - maschile, occidentale, eterosessista - e probabilmente, come ci racconta Greta Gaard, espressione della dottrina cattolica. È quella natura che decide ciò che è contronatura.

La presunta natura maschile stabilisce la propria identità attraverso la negazione ed esclusione dell’altro da sé. Al contempo, il pensiero dualista svilisce l’alterità assimilandola proprio a quella natura che vorrebbe incarnare: il femminile è schiavo della biologia; il colonizzatore giustifica la sua attività attribuendo una mentalità primitiva, naturale, al colonizzato. E il Queer? Appunto, da un lato contronatura perché contrario a una rappresentazione normativa, fondata sul binarismo di genere - che alla natura non interessa - e dall’altro più prossimo alla natura, perché assimilabile all’interno di una dicotomia che contrappone la ragione all’erotismo; un erotismo che sfugga alle finalità riproduttive e si perde nell’esperienza del godimento.

Il soggetto dominante è abituato ad abitare queste contraddizioni. I concetti normativi di maschio, eterosessuale, bianco e naturale producono forme di dominio e pratiche di esclusione nei confronti dei loro termini opposti.

L’econormatività, ovvero l’interpretazione della natura come un reame prescrittivo della società dell’uomo, non può essere compresa se non alla luce della speculazione teologica e filosofica propria di una lunga stagione del pensiero occidentale pervasa dal cristianesimo. La natura medievale è infatti principalmente vicaria del dio creatore – essa è manifestazione del progetto divino e della sua onnipotenza. La natura riconsiderata come opera del dio detiene il potere di determinare negativamente tutto ciò che non segue il suo ordine, vale a dire quanto viene considerato contronatura (principalmente sodomia, eresia, stregoneria; quest’ultima riguardava particolarmente le donne). Come sappiamo dalla storia, la definizione di una categoria di crimini contronatura accompagnerà, tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII, la nascita dell’Inquisizione, e nei secoli successivi soggetti femminili, omosessuali e non binary saranno giudicati colpevoli di azioni contrarie alla natura e condannati a morte.


Seguendo lo spettro dell’econormatività, la natura stessa, quella che vive per amore della materia, è concepita come contronatura. Questa categoria contradditoria e bizzarra della natura contronatura espone lo sguardo che l’assoggetta. Chi si nasconde dietro l’Antropocene? Siamo davvero tutti colpevoli della crisi climatica allo stesso modo? Potrebbe trattarsi di un universalismo che mira a deresponsabilizzare i profili d’azione concreti che si nascondono dietro la Grande Accelerazione. Giovanna Di Chiro preferisce usare il nome di Maschiocene.

Il Maschiocene (o Epoca del Maschio) è strettamente correlato «alla crisi dei soggetti egemoni – identificati come responsabili del disastro ambientale e incapaci di porvi rimedio – e, assieme, della loro autorappresentazione e autonarrazione» (Carofalo 2019, 39). Davanti alla crisi ecologica, il discorso sull’Antropocene, analizzato da questa prospettiva, viene impiegato nel dibattito contemporaneo al fine di suscitare una visione ottimista riguardo alla possibilità che a risolvere la crisi sia l’uomo stesso insieme con la tecnica. Questo tipo di narrazione si fonda su un immaginario che inquadra il progresso tecnoscientifico come il telos dell’uomo, nel suo percorso volto a divenire manager della Terra, e fa uso di archetipi quali quello della Grande Accelerazione, proponendo una rilettura positiva dell’Antropocene come momento di imposizione definitiva sulla natura (Di Chiro 2017, 489-90). Questa narrazione utopica rivaluta positivamente l’esplosione della massa antropogenica, accettando i suoi effetti in modo acritico. Lo strascico di un corredo di valori culturali propri del patriarcato è la componente mancante che permette di vedere nell’Antropocene la storia dell’eroe che, imponendo il suo dominio e costruendo schemi di normatività, avrebbe ridotto alla condizione dell’inerte quanto diverso da lui. A esso, allora, occorrerà opporre una narrazione di rovesciamento; una possibile ecologia alternativa sarà quindi la narrazione delle voci dell’inerte, nell’insieme di quel bacino teorico e pratico disvelato dalla decostruzione dell’Antropocene.

Può esserci d’aiuto un’alleanza tra le soggettività oppresse? Un Ecologia Queer può aiutarci a decostruire l’Epoca del Maschio?

Per approfondire:


L’Istituzione della Natura, Yan Thomas; Jacques Chiffoleau. Quodlibet (2020).