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REINCANTAMENTO


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Occupy Metaverse




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Se non avete passato l’ultima settimana in un luogo isolato, è molto probabile che abbiate incontrato l’annuncio di Meta, il nuovo nome di Facebook, e il suo triste logo simil-simbolo dell’infinito. Tramite la nostra pagina Instagram commentiamo spesso le novità che riguardano l’azienda di Zuckenberg e le ultime settimane sono state tra le più frenetiche dal periodo post-Trump, tra lo scandalo Facebook Papers (un’ondata di documenti rilasciati dall’insider Frances Haugen), il nuovo nome e l’apparente abbandono del riconoscimento facciale. Oggi, ospitiamo l’intervento sul tema di Marcello Ammendolia, Interaction Designer e studente presso il Politecnico di Milano. Marcello ci offre una prospettiva interna al mondo dei creator, la classe creativa e digitale a cui Zuck si appella per creare il suo universo, da ben prima dell’annuncio di Meta. In questo modo, speriamo di raggiungere una comprensione del lato negativo (in senso fotografico) della presentazione di Meta, oltre la propaganda dell’azienda.


È stato annunciato Meta.
L'obiettivo, citando lo stesso Zuckerberg durante l’evento Facebook Connect, è che "il metaverso raggiunga un miliardo di persone, ospiti centinaia di miliardi di dollari di eCommerce e supporti posti di lavoro per milioni di creatori e sviluppatori”

Ora, non è che uno scenario del genere non sia auspicabile, o possibile. Io, ad esempio, da Interaction Designer,  ho tutto l'interesse nel fatto che si sviluppino degli ambienti virtuali con cui le persone interagiscano e sul quale si possano traslare tutte le azioni, i prodotti ed i servizi che l'umanità reputi opportuno, dalla sala conferenze alla calcolatrice, dal servizio di pagamenti online allo store di e-commerce verso cui il pagamento è diretto. Il punto, però, è che le recenti mosse e dichiarazioni di Facebook lasciano spazio ad una riflessione sul lato in ombra di questo giardino virtuale.

Innanzitutto è bene fare un po’ di chiarezza. Che cos’è un Metaverso? Ebbene, il problema è innanzitutto terminologico. Dato che il mondo fisico è inevitabilmente uno, per logica siamo portati a pensare che il mondo virtuale si comporti allo stesso modo. È lo stesso ragionamento che ha fatto Neal Stephenson quando nel 1992 ha coniato il termine "Metaverso" in Snowcrash, immaginando uno spazio digitale intangibile, unico e condiviso da tutti in cui le persone sono rappresentate ed interagiscono in 3D. Trent'anni dopo, sappiamo invece che all'interno della rete è possibile creare un grande numero di meta-versi, tra cui alcuni popolari già da molti anni, specialmente nel mondo del gaming, come Minecraft, o più recenti, come Fortnite. Il recente Meta è dunque UN meta-verso, e non IL meta-verso. Non mi dilungherò nello spiegare tutte le possibilità legate al mondo digitale che se assemblate possono costituire un metaverso anche perchè mi sembra che in questi giorni sia già stato ampiamente riportato. Ciò detto, il potenziale legato all'applicazione combinata di nuove tecnologie (Virtual Reality, Augmented Reality etc.) e di nuovi paradigmi di interazione su un'unica piattaforma è, come facilmente intuibile, immenso ed impatterà enormemente la cultura e la società dei prossimi anni. E tuttavia, va sottolineato il limite che esprime Tommaso Guariento nelle sue ‘Tesi su Meta’: “Ogni esperimento di instaurare una lingua perfetta è fallito”. E’ difficile perciò pensare che Zuck riesca davvero a ottenere il dominio totale sul concetto di metaverso.

Le tecnologie legate ai Metaversi, e quindi anche a Meta, permetteranno agli utenti di comunicare in modo immersivo, fare shopping in negozi virtuali, visitare musei, pagare la colazione, giocare ai videogiochi, interagire con i prodotti, pubblicizzare la propria azienda ma potenzialmente anche di sentire per la prima volta la risata di un futur* partner, frequentare gli insegnamenti universitari e così via; il tutto interagendo con una sola piattaforma. È attraverso la fruzione diretta dei diversi item digitali sul multi-verso che passa la comprensione di tecnologie come quella NFT, attualmente impiegata prevalentemente per mintare memes da tenere invenduti sul proprio wallet



NFT o meno, la differenza tra le due strutture informatiche - Facebook ieri e il Facebook di domani - è abissale. Quello a cui siamo abituati è un social costruito, alla base, per scambiarsi post, likes e commenti. Il metaverso "Meta" è invece immaginato per permettere in futuro all'utente di scambiare ed affidare alla piattaforma qualsiasi tipologia di dato.

Dunque questo Metaverso, senz’altro è più coinvolgente ed immersivo di Facebook, è allo stesso modo anche realmente partecipativo? A ricoprire un ruolo centrale nello sviluppo di contenuti attivo sulla piattaforma saranno le figure battezzate come “creators”, che Facebook cerca in ogni modo di coinvolgere e che sono fondamentali al suo futuro sviluppo. Creare un contenuto per il metaverso (sia questo un filtro AR, una scena 3D interattiva e così via), anche facendolo con un software apposito e super ottimizzato, può arrivare ad essere un processo molto lungo e laborioso, ben diverso dallo scrivere un post. Sarà interessante osservare fino a che punto Facebook riuscirà a stressare queste figure senza doverle mettere a libro paga. Zuckerberg, che, contrariamente a certe voci che lo volevano prossimo alle dimissioni, è apparso saldamente al comando della società, aumenterà la sua capacità di profitto  anche grazie alla vendita della strumentazione hardware e software necessaria agli utenti per interagire con Meta ed ai suddetti creators per svilupparvi i loro contenuti.

La società con base a Menlo Park ha infatti investito un autentico fiume di denaro in Facebook Reality Labs, (che ora è formalmente una società autonoma) per lo sviluppo di tecnologie software ed hardware da utilizzare prima per Facebook e poi per Meta. Nel 2014, Facebook comprava Oculus due anni dopo la sua nascita assicurandosi un ruolo importante nel mercato della realtà virtuale. Oggi, il 35% dei visori VR in possesso dei videogiocatori ha il marchio Oculus impresso sopra, secondo i report del settore. Quantomeno, per adesso Facebook permette ancora ai suoi  "creators" di utilizzare i programmi ed i metodi che più preferiscono per realizzare contenuti per Oculus, anche se questo può voler dire utilizzare software sviluppati dalla concorrenza.

Non si può dire che la linea sia la stessa per quanto riguarda la realtà aumentata. Anni fa, Facebook ha creato una piattaforma di sviluppo AR (che si chiama Spark), contraddistinta da un'interfaccia semplice ed intuitiva. In breve tempo, mentre Zuckerberg freddava la concorrenza (oggi trovare alternative valide a Spark è difficile), Spark AR è diventato molto popolare ed è arrivato ad essere presente nei corsi di varie università del mondo usando come slogan il retorico “empowering creators”. Il fatto è che, se da un lato Spark AR effettivamente “dà potere” a questi creators, offrendo loro l’accesso al software, dall'altra, fa il contrario, permettendo loro di poter pubblicare i contenuti prodotti con Spark unicamente su Facebook ed Instagram (e in futuro Meta) sotto forma di filtri per la realtà aumentata. In questa maniera, il valore prodotto tramite il software di Zuckerberg può circolare solo lungo i circuiti delle sue piattaforme, creando una situazione win-win per il colosso americano. E’ dunque bene tenere a mente il fatto che un numero limitatissimo di players detiene il possesso di larga parte degli hardware e del software cruciali allo sviluppo del loro metaverso, ma anche di futuribili piattaforme analoghe. Oltre a Facebook, ad avere investito nel Multi-verso sono motori di gioco particolarmente grandi come Unity, Unreal, Epic Gamesi. Roblox ha visto una crescita immensa, ma anche Amazon Web Services e Windows rappresentano degli importanti investitori.



A tratti la situazione assume un carattere paradossale. Sono interessanti, sotto questo punto di vista, anche i tentativi di produzione industriale vera e propria. Prendiamo ad esempio la collaborazione tra Facebook e Rayban per la creazione dei RayBan Stories: un paio di occhiali smart, muniti di fotocamera che comunica con il cellulare. Anche in questo caso, gli eventuali compratori sono chiamati "creators" dalla propaganda di Meta. Ebbene, leggendo i termini di servizio, si legge che non si possono usare le foto scattate con gli occhiali di Facebook per fini commerciali  ma possono solo essere caricate sui social di Zuck, come spiegato chiaramente qui. Che è un po' come se la Leica, negli anni '50, fosse andata a dire a Cartier Bresson che non poteva vendere le foto che scattava con le loro macchine. Contrariamente agli slogan inclusivi, Meta appare dunque come un Metaverso “chiuso”, le cui chiavi degli strumenti di sviluppo rimangono salde nelle mani aliene di Mark Zuckerberg.

C'è un limite alle tecnologie che vi verranno implementate nel tempo? Grazie ad alcune tecnologie moderne quali il tracciamento dell'iride e l’utilizzo di alcuni sensori, l'utente è messo nella condizione di interagire con i contenuti senza nemmeno rendersene conto. Dal momento che su Meta un utilizzo di questo tipo è molto probabile, viene da chiedersi chi sarà a decidere circa l’invasività di un apparato del genere. L’esperienza con Facebook ci parla di una governance di tipo verticale, totalmente arbitraria e inaffidabile.

Ovviamente, oltre a questi temi, che riguardano più che altro la parte di sviluppo, vi sono anche tutte le problematiche relative al contenuto che verrà creato, scambiato e condiviso dagli utenti finali del Metaverso. Le problematiche che ancora oggi tormentano Facebook e Instagram (odio, discriminazione, fake news etc.) non scompariranno all’improvviso su Meta. Al contrario, rischiano di essere utleriomente moltiplicate dalla natura immersiva dell’esperienza. Le domande sorgono spontanee: quali contenuti sarà possibile mettere online? E quali metri di giudizio verranno adottati per questa selezione? E tuttavia, Zuck non nomina questo aspetto nella sua goffa e fredda presentazione, come se egli non fosse già responsabile per un deterioramento della socialità umana.

Chi vuole davvero lavorare così?

Non dimentichiamo inoltre, che proprio in contemporanea con l’annuncio di Meta, sono stati rilasciati i cosiddetti Facebook Papers da diverse fonti giornalistiche, rivelando ulteriori dettagli preoccupanti sul funzionamento interno dell’azienda. Un esempio è stata la scoperta del programma di moderazione segreto “XCheck: nato come una misura di controllo per verificare gli interventi verso account ‘ad alto profilo’ – come celebrità, politici e giornalisti – oggi XCheck protegge milioni di utenti VIP dalle regole che Facebook applica a tutti gli altri. XCheck funziona come una ‘whitelist’, un elenco di persone rese immuni da ogni ritorsione delle norme del social media. Secondo i documenti, la lista contiene 5,8 milioni di utenti ‘VIP’. Tra questi milioni di users, c’è per esempio il calciatore Neymar Jr. (150 milioni di followers) a cui è stato acconsentito di postare la foto nuda della donna che lo aveva accusato di stupro. La foto è stata rimossa ma l’account di Neymar è ancora online. Meta è quindi anche una grande operazione di distrazione di massa (la specialità di Zuckenberg) per cercare di convincere il pubblico che Facebook sta entrando in una nuova fase, senza i problemi del passato.

La soluzione a questi problemi, in una prospettiva temporale più ampia, risiede sicuramente in un'istruzione informatica diffusa, in una conoscenza più tecnica e consapevole del mondo digitale, nella creazione di alternative al Metaverso di Facebook, o a quello di Amazon, o quello di Google. Nell'istituzione di tanti piccoli mondi, connessi in maniera realmente democratica e decentralizzata. E tuttavia sviluppare un metaverso a livello pratico, do it yourself,  è molto difficile, richiede un team completo ed una marea di tempo e soldi. Per questo, dal momento che quasi certamente Meta rappresenterà almeno per qualche anno il Metaverso più utilizzato è bene che gli utenti vi si approccino in maniera consapevole e che l'attenzione pubblica circa la faccenda rimanga molto elevata. La libertà di scelta sull' architettura del nostro futuro digitale non è un qualcosa di cui valga la pena essere privati sul nascere, Meta non è ancora nato e già ci tocca occuparlo.