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REINCANTAMENTO. Episodio 10. NFT: sotto l’hype, l’ecosistema!






fuzzy#boi, Lirona

Premessa


“Non esistono fenomeni morali, ma solo interpretazioni morali dei fenomeni”
Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male

Siamo in piena follia NFT. Il ciclo del hype sta facendo il suo corso e tutto il mondo si vuole tokenizzare. Dopo anni di discussioni e previsioni, gli NFT sembrano essere la prima vera applicazione su blockchain a sfondare il muro del mainstream — dopo Bitcoin ed Ethereum naturalmente. Mentre i prezzi stanno attraversando una necessaria discesa, la prima mostra di NFT prende vita a Pechino.

L’esposizione al grande pubblico di un tema complesso, recente e sfaccettato come questo, viene spesso filtrata attraverso la lente del sensazionalismo. Si finisce così per non aprire un vero dibattito ma di polarizzare le opinioni intorno a due “squadre” opposte: è una caratteristica del dibattito sui social, e la conversazione sugli NFT non fa eccezione. Dopo aver chiarito i presupposti di base della conversazione, cercheremo di esplorare qualche aspetto più sfaccettato della vicenda, illuminando angoli bui del mondo NFT invece che gli eventi sovraesposti, consapevoli di come sia difficile ragionare chiaramente nel mezzo della bolla che stiamo vivendo.

Cash rules everything around me


Fare i soldi è diventato un meme. L’NFT-fever va contestualizzata in questa affermazione, all’interno di un ondata di denaro più ampia di cui il caso Gamestop, il Dogecoin, Patreon e OnlyFans fanno parte. >La carcassa del capitale occupa la scena almeno dal 2008 e la crisi del COVID ha mostrato come non mai le contraddizioni e le stupidità di un sistema ingiusto, inefficiente in cui domina l’astrazione.Del resto, il 2020 è stato l’anno dei record di Wall Street e un’annata da incubo per l’economia reale. Quale è il senso del denaro in un mondo dove mr. Bezos ha accumulato 168 miliardi di dollari? Una magnitudine di ricchezza tale da essere inimmaginabile per le nostre capacità cognitive. Questo tool può essere un aiuto per comparare una tale quantità di denaro con valori comprensibil. Per fare un paragone: il costo annuale per curare tutti i pazienti statunitensi tramite la chemioterapia è di 9 miliardi di dollari. Il 20 luglio 2020, Bezos ha guadagnato 13 miliardi in un solo giorno. Che senso ha il denaro in un mondo come questo? 


Intanto, le crisi continuano a portare via posti di lavoro: la situazione è così seria che il governo americano ha varato un piano di 2 triliardi di dollari, una rianimazione d’emergenza per la classe media. Così, mentre il paradigma neoliberale perde nuovi pezzi, la sua principale infrastruttura, internet, resta l’unica fonte di reddito per tante persone. Sciami di piccoli investitori, sex worker on-demand, crypto-artisti, scrittori di newsletter: sono questi i lavori della fine dei tempi, tutto pur di non diventare turchi meccanici alle dipendenze di Jeff. E’ un paradigma individualista, il sogno dei Gordon Gekko e dei Jordan Belfort svenduto alle masse. Il tempo accumulato e il denaro perso durante il lockdown hanno spinto verso una pseudo-democratizzazione della finanza, facilitata dalla diffusione di app di trading come eToro o Revolut, dalla bolla del Bitcoin e dalla semplice accessibilità dei pagamenti digitali. In tutto questo, gioca un ruolo chiave quella strana formula alchemica che risponde al nome di viralità: meme, comunità su Reddit, canali Discord non fanno altro che diffondere e alimentare queste tendenze sociali accelerandole oltre ogni aspettativa. Come sottolinea Bifo: 

“Il capitalismo finanziario è un incubatore di frustrazione: alla gente hanno promesso prosperità, affidabilità e anche felicità, ma tutte le promesse neoliberali si sono rivelate delusioni. L’investimento finanziario al dettaglio promette una via di fuga dalla miseria quotidiana, perché si dice alle persone, particolarmente ai maschi bianchi, che sono destinate alla grandezza mercantile e al successo economico”.

  
‘Diamond Hanz’, il personaggio di Fortnite ispirato da STONKS, il meme originale

Ci deve forse sorprendere che questo sciame raggiungesse prima o poi il mondo dell’arte? Non è stata l’arte una delle prime frontiere della finanziarizzazione, con dipinti venduti a centinaia di milioni di dollari? Se l’arte digitale segue le stesse regole, dove sta la novità?è L’affaire beeple davvero così diverso? L’acquisto da parte di un investitore di Singapore, Metakovan, per 69 milioni di dollari è uno scandalo per un mondo dell’arte che si muove su cifre ben maggiori? Il problema è che parliamo di bit e non di dipinti? Forse, il mondo dell’arte ha un problema di gatekeeping e di snobismo intellettuale verso una marea di auto-proclamati artisti che forse potrebbero persino essere in grado di pagarsi le bollette tramite il loro lavoro. Sia online che offline, ci sembra che sia la lezione di Benjamin a dover essere ricordata, così come ha fatto Jonathan Beller. Beller ci ricorda che le evoluzioni tecniche, quando incontrano il potere dell’arte, possono generare mostri. Il feticismo verso la sacralità dell’oggetto d’arte contribuisce alla repulsione verso gli NFT, che come ogni protesi tecnica sembrano sminuire l’aura del lavoro umano. Non dobbiamo replicare il culto degli idoli su cui si basa il sistema attuale, non possiamo lasciare gli NFT in mano alla corrente della notorietà. Lo ha dichiarato lo stesso creatore di Ethereum, il giovane russo Vitalik Buterin, definendo l’attuale sistema NFT “un casinò che conviene alle celebrità già ricche”.


CROSSROADS, beeple

Il non-detto del discorso NFT è questo: esistono gerarchie esistenti che privano la tecnologia del suo valore sociale e ci lasciano con una mera speculazione finanziaria. Oltre beeple, vedere Grimes e suo marito Elon Musk vendere NFT per milioni di dollari o speculare sulla meme-valuta Dogecoin è deprimente. Si tratta, secondo Buterin, di un problema di legittimità: tendiamo ad allocare le nostre risorse, anche la nostra mania di collezionismo, verso figure già note, già apprezzate e chiacchierate. Per invertire questo processo, serve creare un altro tipo di legittimità, incanalare i flussi virali e di denaro verso cause positive stabilendo nuovi canali di finanziamento per progetti solidali e artisti impegnati. Sono due le bozze strategiche proposte da Buterin:

“1. Qualche istituzione (o anche DAO) potrebbe “benedire” le NFT in cambio di una garanzia che una parte delle entrate vada verso una causa caritatevole, assicurando che più gruppi beneficino allo stesso tempo. Questa benedizione potrebbe anche essere accompagnata da una categorizzazione ufficiale: questo NFT è dedicato all’aiuto globale della povertà, alla ricerca scientifica, alle arti creative, al giornalismo locale, allo sviluppo di software open source, al rafforzamento delle comunità emarginate, o a qualcos’altro?
2. Possiamo lavorare con le piattaforme di social media per rendere gli NFT più visibili sui profili delle persone, dando agli acquirenti un modo per mostrare i valori per cui hanno impegnato non solo le loro parole ma il loro denaro duramente guadagnato. Questo potrebbe essere combinato con (1) per spingere gli utenti verso NFT che contribuiscono a cause sociali di valore.”

Invece che gridare allo scandalo, organizzare reti decentralizzate ma coordinate, con lo scopo di piegare la catena del valore per delle esigenze migliori che il solito profitto di pochi. Fortunatamente, sistono già idee a riguardo.



Gallerie verdi, esodo dalle piattaforme e gilde di solidarietà

In questa lotta tra apocalittici e integrati che ha caratterizzato gran parte della conversazione pubblica, si è parlato poco delle alternative virtuose a livello ecologico nell’ambito NFT. Come ha dimostrato Memo Akten, esiste un problema serio di consumo energetico della tecnologia Ethereum e, di conseguenza, di gran parte dei marketplace di arte su cui si basa l’ecosistema NFT. Per fortuna, l’impegno della comunità sta cercando di cambiare questo stato di cose. Non si tratta certamente di un mutamente che può avvenire repentinamente e le piattaforme più popolari, come Superrare, Rarible e OpenSea consumano un quantitativo rilevante di elettricità a causa del grande numero di utenti e transazioni che attirano. Eppure, è lo stesso Akten — insieme ad una squadra di ricercatori — ad aver evidenziato l’esistenza e l’attività di piattaforme altre, come a voler mettere un argine al fiume di critiche scatenato dai suoi stessi articoli. Tra le alternative più note troviamo hicetnunc, basato sulla blockchain Tezos, KodaDot, che si affida al sistema di PolkaDot o ancora SIGN art, che utilizza il protocollo Wavess.

Questi tentativi vanno apprezzati e fanno comprendere come una parte della comunità NFT consideri la questione ecologica come centrale. La piattaforma collaborativa DADA.art, centrata su valori comunitari e di sostenibilità, così come il testo a più voci “Toward a New Ecology of Crypto Art: A Hybrid Manifesto” ci raccontano una scena sfaccettata, interessata a migliorarsi e a dischiudere nuove pratiche per accompagnare queste nuove tecnologie. Il profitto e la speculazione vanno combattuti. Come ha dichiarato Christina Akopova, cofondatrice della piattaforma di crypto art Pixeos — sulla blockchain EOS indipendente da Ethereum — nota: “Se non compri la #cryptoart che ti piace perché non è su ETH, sei fondamentalmente un collezionista di token ETH, non un sostenitore dell’arte”.

Al tempo stesso, non dimentichiamoci che è l’intero mondo digitale ad avere un rapporto fumoso con il proprio impatto ambientale. Le ricerche Google, i tweet, i dataset usati per addestrare i sistemi di machine learning hanno tutti un peso importante a livello di emissioni di carbonio: non sempre la prospettiva ecologica rientra nelle critiche che si fanno a queste tecnologie né si cerca in qualche modo di promuovere le alternative che pur esistono. Non possiamo che essere felici che si sviluppi una prospettiva materialista sul mondo tech, conscia delle diseguaglianze e violenze che lo sviluppo di quest’industria si porta dietro. Eppure, censurare un protocollo recente come quello NFT, che vive ancora la sua fase di immaturità tecnica e soltanto ora sta venendo adottato massivamente, ci sembra una posizione da castello dei vampiri e moralisteggiante, soprattutto in una società dove sono sempre le grandi corporazioni a inquinare di più.

Parlando di corporazioni, secondo qualcuno gli NFT potrebbero rappresentare una via di fuga per tracciare l’esodo dalle grandi piattaforme che dominano il Web oggi. Le loro briciole non bastano più ai creatori che le abitano. Mat Dryhurst lo spiega al Süddeutsche Zeitung, riferendosi al caso di Spotify: “Questo problema della proprietà è il tallone d’Achille della vecchia economia della piattaforma Web 2.0”. Come la campagna Justice at Spotify ha dimostrato, è impossibile vivere con i soldi degli streaming, a meno che non si sia una superstar globale: “Per pagare l’affitto mensile medio americano (1.078 dollari) un artista deve generare 283.684 stream al mese”. Senza contare che la stessa logica della metrica è inutile: perchè la musica migliore o più pagata deve essere quella ascoltata più di frequente? Inoltre, la pandemia: concerti, dj-set ed esibizioni sono sparite dal mondo virale in cui viviamo. In questo contesto allora possiamo immaginare gli NFT come protocollo tecnico in grado di creare nuove forme di sostentamento.. E’ stato lanciato in beta il servizio Catalog, una sorta di Soundcloud 3.0, che permette di ascoltare i brani gratuitamente ma possono anche essere acquistati e rivenduti come NFT. Gli artisti partecipanti ottengono il 100% delle vendite, più una quota autodeterminata di ogni rivendita, senza cedere i loro diritti d’autore. In Italia, abbiamo l’esempio di White Forest Records che ha caricato come NFT un EP accompagnato da un video-artwork in HD.

E’ proprio Hydrust a proporre, in uno straordinario pezzo, l’idea di gilda, come modello organizzativo per l’internet post-piattaforme. Le gilde erano associazioni di professionisti che riuscivano, tramite l’organizzazione collettiva, a esercitare un peso politico ed economico all’interno di stati più grandi. Un esempio più ampio fu la Lega Anseatica (Ansa in altotedesco vuol dire raggruppamento): un’alleanza di città del Nord Europa, soprattutto tedesche, che ottenne importanti privilegi economici pur rimanendo all’interno del Sacro Romano Impero.



Reputando improbabile l’idea di un completo abbandono delle piattaforme, Hydrust prefigura un lento esodo verso organizzazioni digitali autonome, comunità online in grado di raggiungere anche una sussistenza economica oltre che un’indipendenza ideologica:

“Al di là del clamore, le Blockchain sono emerse come un mezzo efficiente e resistente per il coordinamento decentralizzato di gruppi affini. Una prospettiva sul futuro delle Blockchain suggerisce che esse segnaleranno una migrazione di massa degli utenti dagli attuali monopoli delle piattaforme regnanti ai sistemi di consenso decentralizzati — cosa che faccio fatica a visualizzare. Un altro futuro, più concepibile, è quello di una coesistenza turbolenta, non dissimile dalla relazione tra le zone di libero insediamento dell’Hansa e i loro ospiti statali. Non si può estrapolare la formazione delle Blockchain dalle loro origini libertarie, e come tali operano al meglio come forza separatista, con la loro esplicita attenzione alla privacy, alla resistenza alla censura e all’autonomia finanziaria: spazio per i parenti per tramare e coordinarsi all’esterno”.

Immaginiamo la nascita di diversi cluster di artisti organizzati secondo le loro creazioni o i loro interessi come già esistono: comunità online, come server Discord o gruppi Telegram, che si concentrano su specifici temi esistono già e tramite gli NFT e altre tecnologie (come i DAO, di cui torneremo a parlare) potrebbe strutturarsi in maniera solida, sostenibile e autonoma. Fuori da Spotify, ci attende un lungo Bandcamp Friday.

Balance Sculpture III, zhemin

Un ultimo punto. E’ vero che il mondo crypto sia un mondo formato in gran parte da uomini bianchi, eterosessuali ed occidentali e che gli NFT, in quanto emanazione diretta di quella sfera, soffrano dello stesso problema. Tuttavia, esistono anche qui esempi virtuosi che è necessario evidenziare. Un ottimo reportage di The Ken ci racconta il lavoro di Shelly Soneja, un’artista filippina, che è riuscita a raccogliere fondi per il suo villaggio distrutto da un tornado tramite l’asta di un suo lavoro tokenizzato.

Altri artisti del Sud Est asiatico o del Sud America raccontano entusiasti di questa nuova ancora di salvezza che ha permesso loro di ottenere ricavi inediti rispetto al regolare circuito dell’arte. Tuttavia, rimangono problemi di accesso, soprattutto all’interno delle piattaforme più note. Il prezzo necessario per poter caricare (mintare) il proprio lavoro è ragionevole per chi abita in Occidente — si tratta di una cifra vicina ai 10$ — ma al cambio delle diverse valute del Sud Est Asiatico il prezzo diventa importante e limitante per molte e molti artisti.

C’è ancora molto da fare per decolonizzare e solidificare queste pratiche solidali per i paesi non-occidentali: sfidare il dominio del dollaro e dell’inglese deve essere parte delle sfide future del mondo NFT. Soprattutto per questi contesti, un’organizzazione collettiva può essere la chiave per usare la tecnologia a proprio vantaggio e sfruttarne i benefici materiali. Organizzare, propagare nuove idee e realizzare strutture adattive: alcune parole chiave per non lasciare un altro campo tecnologico in balia delle solite dinamiche di potere.